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mercoledì 25 febbraio 2015

La politica estera del fascismo


In politica estera il fascismo si dichiarò sempre insoddisfatto dei risultati delle conferenze di pace che avevano posto fine alla Prima guerra mondiale; Mussolini infatti sognava uno Stato forte e temuto, erede delle tradizioni imperiali di Roma antica; per questo motivo, il fascismo si propose inizialmente di affermare la posizione dell'Italia nel Mediterraneo, opponendosi all'egemonia inglese e francese. Ciò nonostante, fino al 1935 l'Italia mantenne buoni rapporti con Francia e Gran Bretagna, che guardavano all'Italia come argine contro le pretese naziste sull'Austria ( nel 1935 a Stresa, Francia, Gran Bretagna e Italia condannarono insieme il riarmo tedesco). A partire dal 1935, però, la politica estera italiana si fece più aggressiva a causa: 
- della crescente sfiducia nei confronti  delle iniziative diplomatiche (la Società delle Nazioni, antenata dell'ONU, si dimostrò incapace di risolvere problemi internazionali); 
- del progressivo deteriorarsi delle relazioni tra le maggiori potenze; 
-dell'avvento al potere in Germania di Hitler (gennaio 1933) che , almeno nei primi anni, prese Mussolini a modello.
Nel 1935, prendendo a pretesto un incidente di frontiera, l'Italia diede inizio all'invasione dell'Etiopia allo scopo di conquistare l'ultimo pezzo d'Africa non ancora colonizzato dalle potenze europee ed assicurare anche all'Italia un Impero. 
Fu un errore perché: 
- l'Italia arrivava già tardi perché l'era del colonialismo volgeva al tramonto (in molte colonie già scoppiavano rivolte nazionalistiche); 
- l'Etiopia era uno Stato membro della Società delle Nazioni e il suo imperatore , il negus Hailé Delassié, era un abile diplomatico che seppe difendere la causa etiope.
L'aggressione all'Etiopia provocò l'isolamento internazionale dell'Italia: la Società delle Nazioni condannò l'Italia, e le impose sanzioni economiche (divieto di rapporti commerciali); le sanzioni, però, furono applicate poco e male, e ebbero come unico effetto quello di accrescere il consenso popolare verso il regime. Dopo 7 mesi di guerra, il maresciallo Badoglio conquistò Addis Abeba (capitale dell'Etiopia) e il 5 maggio 1936 fu proclamato l'Impero. Due mesi dopo le sanzioni furono sospese.
Il riavvicinamento tra Italia fascista e Germania nazista, già iniziato nel corso del 1935, giunse a compimento nel 1936 con l'intervento in Spagna.
Nel 1937 l'Italia abbandonò la Società delle Nazioni e nell'aprile 1939 invase e dichiarò l'annessione dell'Albania; poche settimane dopo (maggio 1939) venne firmato il "patto d'acciaio", con cui si sanciva l'alleanza politica e militare tra Italia fascista e Germania nazista.

Il fascismo sul piano sociale ed economico


Sul piano sociale, il fascismo:
- attuò una politica verso la famiglia volta a premiare la prolificità (le nubili e gli scapoli  furono emarginati e il ruolo della donna fu solo domestico , lontano dall'attività e dagli studi, fu creata l'opera nazionale per la maternità e l'infanzia) al fine di aumentare la forza militare della nazione; 
-fu promossa la conciliazione con i cattolici; l'11 febbraio 1929 furono firmati i Patti lateranensi con cui: la Chiesa riconosceva Roma capitale d'Italia e otteneva piena sovranità sul Vaticano; si introduceva l'insegnamento della religione e si riconosceva validità civile al matrimonio.
Sul piano economico, il fascismo:
- con la Carta del lavoro e le Corporazioni diede vita ad un sistema di controllo dei conflitti sui luoghi di lavoro che confermò il consenso degli industriali al regime; 
- con l'intervento sulla moneta e la politica deflattiva, con il taglio dei salari e la limitazione del credito, portò ad una ripresa del valore della lira, ma alla compressione dei consumi e all'avvio di una politica protezionistica; 
- il regime intraprese un'ampia campagna di lavori pubblici, soprattutto nelle campagne (bonifiche dei terreni paludosi); 
- si cercò di raggiungere l'autosufficienza (politica autarchica) sul piano delle risorse e della produzione (battaglia del grano); 
- si fece sempre più forte l'intervento dello Stato nell'economia: venne costituito nel 1933 l'Iri  (Istituto per la ricostruzione industriale) che legò l'imprenditoria nazionale al potere politico. 

martedì 24 febbraio 2015

Lo Stato fascista


Giunto al potere, il fascismo non abrogò immediatamente le istituzioni parlamentari tipiche dello Stato liberale. Nel 1924 furono indette le elezioni generali sulla base di una legge (Legge Acerbo) che assicurava i due terzi dei seggi al partito di maggioranza. Le elezioni si svolsero in un clima di intimidazione; il segretario del partito socialista , Matteotti, denunciò brogli e violenze ma , pochi giorni dopo, fu rapito e ucciso; per protesta le opposizioni abbandonarono il Parlamento e si ritirarono sull'Aventino, sperando nell'intervento del re che invece tacque. Mussolini , forte del tacito appoggio del sovrano, nel gennaio 1925 si assunse la "piena responsabilità politica, morale, storica" dell'accaduto e proclamò l'inizio del regime fascista.
Le leggi promulgate nel 1925 (leggi fascistissime) al 1928 eliminarono ogni residuo di libertà individuale, politica, sindacale:
- furono sciolti tutti i partiti, ad eccezione di quello fascista; 
- fu creato un Tribunale speciale per giudicare quanti fossero accusati di antifascismo; 
- furono soppresse le libertà di stampa, di riunione e di associazione; 
- furono sciolti i sindacati che vennero sostituiti dalle corporazioni (che, unendo padroni e lavoratori in un unico organismo, evitavano in pratica ogni conflitto sindacale) Nell'aprile del 1927 fu emanata la "Carta del Lavoro" che confermava e regolava l'ordinamento corporativo;
- furono aboliti i consigli comunali e provinciali, sostituiti da rappresentanti governativi.
Lo Statuto albertino non fu mai abrogato ma perse ogni valore. Il capo del governo era ora responsabile solo davanti al re, i ministri davanti al re e al capo del governo. Le funzioni già spettanti al Parlamento furono assunte dal Gran Consiglio del Fascismo, organo del partito.
Nel contempo l'intervento dello Stato nell'educazione e nella propaganda organizzò il consenso attraverso un rapporto diretto con le masse: si enfatizzò il ruolo di Mussolini (il Duce), le masse furono inquadrate in organizzazioni fasciste fin dall'infanzia (Opera Balilla, Gioventù del Littorio).