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martedì 21 aprile 2015

La questione istituzionale e l'Assemblea Costituente


Al termine del conflitto si ripropose la questione istituzionale: la monarchia appariva a molti troppo compromessa con il regime fascista. Il 2 giugno 1946 si tenne il referendum popolare per la forma istituzionale dello Stato; alle elezione, a suffragio universale anche femminile, vinse la repubblica.
L'11 giugno fu proclamata la Repubblica Italiana che ebbe come primo capo provvisorio dello Stato Enrico de Nicola.
Nella stessa data del 2 giugno si ebbe anche l'elezione dell'Assemblea Costituente che doveva elaborare una nuova Costituzione in luogo dello Statuto albertino (la nuova carta costituzionale entrò in vigore il I gennaio 1948).
Le prime libere elezioni sancirono l'affermazione dei partiti di massa: la Democrazia cristiana (guidata da De Gasperi), il Partito comunista (Togliatti) e il Partito socialista (Nenni), mentre risultarono ridimensionati altri partiti (come il Partito d'azione) che pure avevano dato un contributo decisivo alla Resistenza.
Dopo le elezioni del 1946, democristiani, socialisti e comunisti (pur continuando a governare assieme) accentuarono i motivi di contrasti; mentre si faceva più netta la distinzione del mondo in due blocchi (guerra fredda), la Dc tendeva ad assumere il ruolo di garante dell'ordine sociale e della collocazione del paese nel campo occidentale, mentre i comunisti si ponevano alla testa delle lotte operaie e contadine e si schieravano con Urss.
All'interno del partito socialista si delinearono invece due schieramenti contrapposti: quello di Nenni, che voleva mantenere nel partito i caratteri classisti e rivoluzionari, e quello di Giuseppe Saragat che voleva allentare i legami col Pci.

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